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Outside The Box: fare musica durante una pandemia

Outside The Box

Quando pochi mesi fa il mondo si è fermato e ha silenziato le strade chiudendone le saracinesche, Outside The Box (Think’d e paCMan) hanno aperto la mente e il block notes dando vita a 03.20 Controfase, un concept EP, che si pone contro l’ignoranza e l’indifferenza e che invece guarda al confronto, come unico mezzo per affrontare i problemi moderni.
Abbiamo fatto una chiacchierata con loro per farci spiegare le esigenze che li hanno portati a realizzare questo EP e cosa rappresenta per loro.


Cosa ha significato per voi questo progetto soprattutto in momento del genere? Ha tirato fuori qualcosa che prima non riuscivate a far emergere?

paCMan: L’intenzione principale era dare senso a un momento di blocco senza precedenti, soprattutto perché lavorando entrambi nel settore musicale (che è stato uno dei più colpiti) è stato strano avere tempo per fermarsi e coniugare l’aspetto prettamente passionale con quello professionale dopo tanto tempo. Ci sembrava l’unico modo per combattere questa situazione in maniera costruttiva e l’EP ha un concept molto preciso legato a quest’aspetto.

Think’d: Nasce tutto dal video che ho girato casualmente il 20 marzo tornando da lavoro e abbiamo deciso di sonorizzarlo. Volevamo creare un’atmosfera che non fosse solo sound design o elettronica applicata al video ma che avesse dei concetti rappati all’interno. Avendo anche già qualche traccia che negli anni stavamo sviluppando, senza scadenze o limiti, ne abbiamo approfittato per lavorare a questo progetto di cui sentivamo l’esigenza.

Quindi avete adattato la musica al video?

Think’d: Esattamente. Raccolgo tantissimo materiale audio/video che poi lascio da parte sul pc, questo è stato girato con un cellulare scrausissimo, la musica rispetta esattamente la durata del video.

Cosa provavi mentre giravi nella Milano svuotata dal Covid e cosa ti ha spinto a scriverci sopra?

Think’d: Io ero uscito per lavoro e tornando ho avuto questa idea, praticamente il video taglia Milano da parte a parte e secondo me è riuscito a dipingere bene l’atmosfera surreale che si respirava in quel periodo.
Come potrai vedere le uniche persone in giro erano i rider o un paio di persone addirittura senza mascherina.
Io come qualunque persona che abita nelle grandi metropoli sono abituato a vedere le strade piene a qualsiasi ora e vederle così vuote è stato strano. Non credo ci sia un aggettivo corretto per descrivere una situazione che non ha precedenti e che a Milano non si vedrà mai più: anche se ricapitasse sarebbe comunque diverso.

All’inizio del disco ti soffermi chiaramente su un concetto: il pessimismo costruttivo. Cosa vuol dire per te e come si applica?

Think’d: Da sempre mi definisco pessimista costruttivo e dico sempre che esserlo mi porta fortuna.
Per me significa guardare il bicchiere mezzo vuoto e cercare di riempirlo, non è solo uno sparare a zero sui problemi: guardiamo la scatola da fuori e cerchiamo di analizzare cosa si può fare per uscirne.
In particolare abbiamo cercato di dare un significato a quello che stavamo scrivendo e dare senso al tempo che avevamo a disposizione.

paCMan: Assolutamente, siamo abituati ad una vita così frenetica che quando ti fermi sei così astratto dalla realtà e così frastornato da quello che stavi facendo che poi non vivi neanche quei momenti, riesci solo a pensare a riposarti.
Quando sei a cento all’ora e tiri il freno a mano non sai come comportarti, noi abbiamo provato a creare una routine costruttiva, positiva.


All’inizio del disco affermate che questa pandemia cambierà qualcuno: pensate che sia veramente avvenuto un cambiamento?

paCMan: Probabilmente, anche se poca gente è riuscita a carpire del positivo e applicarlo. Ad esempio il sistema industriale si è fermato e qualcuno avrà capito l’importanza del trattare con rispetto il mondo che ci circonda, ma una volta ripartiti la produzione sarà aumentata per recuperare il tempo perso. Allo stesso modo un sacco di persone, appena allentate le misure di sicurezza, hanno totalmente dimenticato i mesi precedenti.

Think’d: Secondo me sono cambiamenti lentissimi, ognuno è cambiato a mio parere, magari non ce ne si accorge subito ma il problema è che serviva una quarantena a farcelo capire: siamo arrivati talmente al limite, in Italia e nel mondo, che ci serviva essere tutti nella m*rda per vedere i problemi che ci circondano.

Outside The Box

Le produzioni prendono direzioni diverse ma creano un’atmosfera coesa fatta di sonorità dark e musica elettronica, come avete scelto i beat?

Think’d: Ne avevamo già due, entrambi di Hypertone, che aprono e chiudono il disco e secondo noi erano perfetti per creare questo tipo di atmosfera. Tendono più all’elettronica che all’hip hop.
Abbiamo poi chiesto a vari beatmaker e producer e fatto una cernita in base a certe sonorità ma senza limitarci a toni dark o hardcore.
Ad esempio la produzione di A&Ω è quasi una roba UK drill mentre Skype’s The Limit è molto hip hop anni ’90, o Nascondino ha una base un po’ più lenta che strizza l’occhio alla trap ma con toni più cupi.

paCMan: Entrambi eravamo relativamente interessati nell’intraprendere un progetto hip hop che è solo parte del nostro bagaglio. Io vengo dal metal, canto in una band hardcore, i Backjumper.
Ho avuto un percorso crossover come Think’d che è partito da una base rap per arrivare alla bass music e all’elettronica, insieme riusciamo a percorrere entrambe le strade e coniugare le nostre visioni.
Non abbiamo pensato ad un progetto prettamente rap a livello di sound e cerchiamo di innovare, guardare a nuovi approcci musicali in cui il rap influenza principalmente la scrittura.

In un pezzo parlate chiaramente di un nemico: chi è per voi, in chi si incarna?

Think’d: Io non ho mai amato rappare del nemico immaginario, ci deve essere un nemico fisico e in questo caso è l’egoista, l’italiano medio, la persona che pensa solo al proprio orticello che spesso si traduce in una serie di comportamenti contorti che potremmo definire atavici e che sfociano nel razzismo, nell’omofobia. Per me queste sono le persone che rovinano il mondo.
E potremmo dire che siamo in molti a non apprezzare alcuni meccanismi della società moderna ma puntiamo il dito e non facciamo nulla di concreto quando invece basterebbe fare una scelta.

Fare la fila per la spesa o comunque fare determinate azioni durante la quarantena diventa un atto politico?

Think’d: Quando uscivo le prime volte e vedevo le file infinite davanti ai supermercati mi è subito sembrato di essere in coda da tutta la vita assecondando un sistema capitalistico che ci allontana così tanto dalla natura e dalla terra che ci obbliga a far la fila per mangiare. Un contadino che mangia quello che coltiva è sicuramente più libero di noi.

Spesso anche nei singoli pezzi cambiate molto approccio come vi trovate nella scrittura, come lavorate in un momento del genere?

Think’d: Dato che abitiamo in città diverse ti risponderei su Skype (ride); ci confrontiamo molto.
In uno dei pezzi, Skype’s The Limit, decidiamo di fare un botta e risposta, un discorso (com’è stato fatto realmente) ma senza rispettare la cadenza delle barre, come se fosse un ragionamento al bar. Anche il beat e le voci cercano di richiamare l’atmosfera lo-fi della videochiamata; abbiamo scritto tutto di primo getto insieme, mentre altri brani li abbiamo scritti in modo indipendente.

paCMan: Non c’è un modus operandi, spesso ci vengono idee o concept per i brani che poi discutiamo assieme. Decidiamo mano a mano l’approccio da seguire infatti spesso l’interpretazione del beat è diversa come hai notato.
Abbiamo due modi totalmente diversi di scrivere e far rap, senza porci troppi limiti o paletti anche perché non mi sono mai sentito un rapper e in generale cerchiamo di evitare preconcetti sul nostro lavoro.

Il comparto grafico vi interessa e quanto?

Think’d: L’idea di paCMan è stata di fare una foto scattata dalla finestra di casa per condividere l’unico sguardo che ci era concesso sul mondo.
Io in generale mi sono sempre circondato di gente creativa in tutti i campi quindi l’aspetto grafico e fotografico è fondamentale e se gestito male toglie già qualcosa al progetto. Abbiamo cercato di tenerlo il più semplice possibile per mostrare esattamente ciò che vedevamo noi.

paCMan: Sempre più spesso è il contrario: si pensa troppo a quello che c’è davanti e ci si concentra poco sul contenuto, quando l’aspetto visivo va a pari passo con lo spessore musicale il progetto si può definire riuscito a trecentosessanta gradi.

Qual è il tuo approccio musicale e in che direzione vuoi andare?

Think’d: Io sono molto pignolo sul suono che deve avere un mio progetto: se anche faccio un bel pezzo che però assomiglia a qualcos’altro mi scoccia, perché da artista mi sembra quasi di tornare indietro. Antistandard Records si basa proprio su questo concept di cercare di uscire dai canoni musicali: Serve sperimentare, tentare di innovare altrimenti si rimane nella comfort zone e questo purtroppo in Italia avviene troppo spesso.
Per me la riconoscibilità è tutto, tu devi sapere che sono io quando mi ascolti o comunque non devi riuscire ad associarmi a nulla che hai sentito.

Avete anche realizzato 20 vinili e altri 3 in edizione speciale, come mai?

paCMan: Togliendo la nostra fissazione coi numeri che riprende la data, la durata dell’EP e l’ora annunciata alla radio alla fine del video, pensiamo che la fisicità del disco abbia un valore intrinseco che manca allo streaming.
Nessuno si ferma più ad ascoltare un disco e fa solo quello: per noi invece è qualcosa che andrebbe esercitato, adesso la musica si consuma, si ascolta in cuffia mentre si fa altro e spesso la gente la ingurgita senza interiorizzarla quindi ci sembrava sensato realizzare il vinile dell’EP.

Outside The Box

03.20 Controfase è un progetto che non ha paura di restituire una visione cruda della realtà e di problemi che si fanno sempre più evidenti, costringendoci a riflettere sul passato, sul presente e sul futuro con la speranza che questa crisi ci porti verso una nuova e maggiore consapevolezza.  L’EP non si pone paletti o etichette ed esplora direzioni sonore trasversali che ci accompagnano in una Milano deserta avvolta da pensieri cupi e un’atmosfera decisamente dark.